Alan Casadei si appassiona al mondo del deejaying a giovane età, quando ritrova i vecchi giradischi e vinili del padre. Da lì iniziano le prime sperimentazioni, e raggiunto un buon livello iniziano le sue prime serate in locali e piccoli eventi. In breve tempo riesce a farsi notare sempre di più, raggiungendo le consolle più importanti della sua zona.

Come in ogni cosa bella, però, vi è anche il rovescio della medaglia. Queste sono le parole di chi lo sta vivendo sulla sua giovanissima carriera.

« Dopo essere sopravvissuto per più di tre anni nel mondo della vita notturna, della mia zona e non solo, ho iniziato a riflettere.

Per quanto il mio “curriculum” sia breve, già non mi riconosco più nella scena musicale che sta dilagando in questo periodo. Inoltre, ultimamente, la moda di fare il DJ sta prendendo un po’ troppo piede, e penso proprio che si sia raggiunto il limite.

I ragazzi che si improvvisano tali con un PC, un controller da pochi soldi e una playlist scaricata illegalmente dal web sono sempre di più; sto davvero male se penso a quanto ho speso e a quanto continuo a spendere in musica digitale, vinili e attrezzatura, per poi sentirmi dire che lo stupido sono io…

Molta gente dovrebbe capire che non basta avere una pagina su Facebook ed essere al centro dell’attenzione per essere un DJ, e non basta neanche saper mettere a tempo due dischi (che poi la maggioranza non sa fare bene nemmeno questo). Non dico che nessuno ci debba provare, dico che non ha senso farlo per moda. È come suonare uno strumento: bisogna imparare e perfezionarsi prima di esibirsi in pubblico, ma soprattutto conoscere la musica, e avere una cultura e una passione, che non si possono studiare.

Si, perché il deejaying è una vera e propria arte, che nel tempo si è svalutata fin troppo. E la colpa – oltre che essere di chi si improvvisa – è anche della gestione dei nostri locali, che invece di far esibire chi realmente ama questo lavoro mette in consolle “chi porta più gente” (e per esperienza posso dire che purtroppo è così in tutta Italia), e che invece di investire su ciò di cui si dovrebbe realmente basare una discoteca (ovviamente parlo della musica) preferisce farlo sugli YouTubers o sulle tr*ie di turno.

A questo punto mi starete già dando del montato, ma quando dico queste cose non parlo solo per me stesso. La fuori ci sono un sacco di ragazzi, magari anche mille volte più bravi di me, che da una vita si dedicano alla loro passione, e nonostante ciò non riescono ad emergere: loro sono quelli che meritano di prendere i posti occupati dagli “improvvisati”.

Purtroppo le cose vanno avanti in questo modo da diversi anni, e mi accorgo che tra quelli della mia generazione la cultura musicale è inesistente, e che molto probabilmente continuerà ad essere ignorata nel contesto della discoteca. Ma ormai me ne sono fatto una ragione, e per questo ho deciso di ridurre sostanzialmente le mie serate.

Fortunatamente alcuni Privée o piccoli eventi sopravvivono ancora, ed è lì che amo esibirmi: dove quella clientela di nicchia si raduna per ascoltare della buona musica, e non per farsi i selfie col Dom Pérignon. »

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